Se è vero che, come dicevano i Romani, nel nome è scritto il nostro destino (in nomen omen), Altino deve la sua “fortuna” alla posizione: si trova a circa 345 metri di altezza su uno sperone roccioso che domina la valle dell’Aventino proiettandosi sino alla costa adriatica.

Un magnifico panorama, che dovete gustare in tutte le sue sfumature di azzurro e di verde, sperimentando quel senso di libertà e di immensità offerto gratuitamente dalla natura paesaggistica del borgo.
La leggenda racconta che Altino fosse fondato da profughi sfuggiti nel 452 d.C. all’incendio del porto militare di Altinum appiccato dagli Unni di Attila, e approdati alla foce del fiume Saro, oggi Sangro. Qui avrebbero avvistato come l’isola della salvezza la roccia immersa nel verde dei boschi su cui ora sorge il borgo, luogo ideale per costruire il loro villaggio. 

Nel periodo normanno il borgo fu feudo di Boemondo I d’Antiochia, Conte di Manoppello e Giustiziere di Chieti e, successivamente, della signoria di Raimondo Anichino, che con la sua casata tenne il castello fino al 1534. In seguito, si avvicendarono numerosi “padroni” di Altino, che dovette subire anche saccheggi e scorrerie per mano dei briganti alla fine del Regno delle Due Sicilie.

Passeggiando nel minuscolo centro storico percepite subito il suo notevole pregio ambientale, con gli estesi paesaggi che spaziano dalla Maiella al fondovalle Sangro – Aventino, alle colline boscose di Monte Pallano al sottostante Rio Secco; eleganti dimore gentilizie, private e pubbliche, si aprono al vostro sguardo, come il recuperato Palazzo Rossetti, che ospita varie attività culturali, e il patrimonio ecclesiastico, di tutto rispetto: andate a visitare la chiesa della Madonna delle Grazie, che custodisce una bella tavola del 1355 raffigurante la Madonna, la parrocchiale di Santa Maria del Popolo edificata nel XIV secolo e la Chiesetta di San Rocco, situata al di fuori della cinta muraria. Costruita verosimilmente tra il XV ed il XVI secolo, recentemente è stata restaurata.

Sul fronte food, non dimenticate di assaggiare il “Peperone dolce di Antino”, must del territorio, che rende unici piatti come la pasta del contadino o le sagne al cotturo. Il suo colore è rosso intenso e i locali lo chiamano “paesanello” o, in dialetto, “peperone a cocce capamonte”. Qualche anno fa gli è stato dedicato un piccolo museo con sede a Palazzo Rossetti ed è stata costituita un’associazione per la sua tutela, promotrice di un festival, organizzato in agosto, in nome del peperone ambasciatore di Altino.
Non perdetevelo, se siete da queste parti.

Cos’altro vedere:
Palazzo Sirolli
Villa Di Lallo, nota come la Silvestrina
Il lago di Serranella
La sorgente sulfurea in contrada Briccioli