Minuscola è Brittoli, che si erge su uno sperone roccioso ai piedi del Gran Sasso d’Italia, tra i fiumi Cigno e Nora, ma numerosi sono i beni culturali e naturali conservati nel suo territorio compreso nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Provate per credere e arrampicatevi fin quassù a circa 800 metri d’altezza, per ascoltare prima di tutto la sua storia, perché anche il più piccolo pezzo di pietra ne ha una.
La leggenda dice che la rocca del paese fu fondata nel I sec. a.C. con il nome di Prutum Britto, trasformazione volgare dell’antico Prutum, da cui probabilmente deriva il nome. Distrutta nel Medioevo, fu ricostruita dai Franchi nel luogo dove attualmente sorge e quindi dominata dai vescovi di Penne nel XI e XII secolo. In seguito, nel XV secolo, arrivarono i Cantelmo che nel 1588 cedettero il paese alla famiglia dei D’Afflitto, antica casata originaria di Amalfi, e poi nel XVIII secolo, fu l’amministrazione regia ad averne il controllo. 

Eccoci arrivati ai tempi nostri in cui Brittoli, con una decina tra frazioni e località (San Vito, Boragne, Cerqueglio, Cona, Fonte Moro, Introdacqua, Forcella, Pagliaro Di Tono, Peschiole, Spinaci), vi offre una serie di monumenti religiosi e civili da visitare, come la chiesa parrocchiale, intitolata a San Carlo Borromeo, che fu fondata nel 1126 ma in seguito a numerosi restauri attualmente ha un aspetto neoclassico, e la cappella gentilizia privata dedicata a Sant’Antonio, annessi al Palazzetto baronale del XVI secolo, intorno al quale si stringe l’intero borgo antico. 

Visitate anche la chiesetta di Sant’Antonio, con la caratteristica facciata rustica in pietra grezza, e il frantoio, recentemente recuperato, dove potete rivivere l’antica tradizione della produzione dell’olio, che avveniva con la macina spinta di muli.
Immergetevi a questo punto nel territorio circostante dove, in località Ponte Masciarello, trovate una fonte sorgiva, forse sulfurea, chiamata dai locali “sorgente dell’Acqua Puzzolente”.

Da esplorare la Piana del Voltigno, una conca carsica circondata da estese e antiche faggete, pascoli, doline, a sud-est del Parco, dove potete assistere al cosiddetto “cespo che balla”, così come lo chiamano i locali: uno strato di torba (un blocco di materiale vegetale costituito da piante palustri, solo parzialmente decomposto) che galleggia sulla superficie di una piccola pozza d’acqua, ormai quasi completamente interrata.

Una rara testimonianza di quel che rimane dell’ambiente umido, la torbiera, che si riscontra in poche altre zone del parco. La vostra ricompensa, dopo tanto esplorare, è la gioia del cibo locale, come le “pallotte cac’e ove” e il formaggio pecorino. Golosa felicità.