Chiudete gli occhi e immaginate un castello, apriteli e scoprite che la vostra visione è identica a Rocca Calascio in provincia dell’Aquila: la madre di tutti i manieri del mondo.
Se non l’avete vista e “sperimentata” almeno una volta nella vita, non potete dire di conoscere l’Abruzzo. Perfino la prestigiosa rivista internazionale National Geographic si è emozionata, piazzandola fra le prime dieci fortezze più belle del mondo mentre l’industria cinematografica ha nominato tutta la zona “set per eccellenza” (vi sono stati girati decine di film, tra cui il meraviglioso fantasy Ladyhawke con Michelle Pfeiffer, Rutger Hauer e Matthew Broderick).
Vi trovate a Calascio, nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e tra i Borghi autentici d’Italia, che spunta a circa 1200 metri di altitudine nella parte meridionale del Gran Sasso, sotto la piana di Campo Imperatore.
È un minuscolo paese di poco più di cento abitanti, con l’abitato di origine altomedievale, dove si affacciano case e torri in pietra in un reticolo di viuzze ed eleganti piazzette, a testimonianza di un ricco passato grazie al commercio della lana carfagna. A suo dominio, sono gli imponenti resti della Rocca, posta a circa 1500 metri, sospesa in un tempo incantato, che non torna indietro e non va avanti, con le quattro torri cilindriche dalla merlatura ghibellina, mangiucchiate dagli agenti atmosferici, ma ancora possenti ed emozionanti.
Per raggiungere il fortilizio, visitabile gratuitamente tutti i giorni, dovete scarpinare 20 minuti (nel periodo estivo e nelle festività sono a disposizione due navette), sulla stradina, che la collega al paese dove vi consigliamo di parcheggiare l’auto.
L’impresa non è facile considerando i numerosi visitatori che, specie nel fine settimana, non rinunciano a un selfie ai primi barlumi del tramonto quando la rocca solitaria, fondata intorno al Mille, assorbe tutto l’oro del sole, in caduta dietro l’orizzonte.
Se salite nel punto d’osservazione più in alto, il mastio – aperto tutto l’anno salvo condizioni meteo avverse – vi perdete con il vostro cavallo immaginario tra la Valle del Tirino e la Piana di Navelli che i castellani controllavano comunicando con gli altri fortilizi fino alla costa adriatica, con l’ausilio di torce durante la notte e di specchi nelle ore diurne.
Un ruolo strategico, potenziato intorno alla seconda metà del Quattrocento quando Rocca Calascio, legata per lungo tempo alla Baronia di Carapelle, passò sotto il dominio dei Piccolomini, i quali le conferirono la forma che, bene o male, potete vedere oggi.
Nel 1703, dopo un terremoto che la danneggiò irrimediabilmente, la rocca venne quasi del tutto abbandonata e la maggior parte della popolazione si trasferì nella sottostante Calascio.
Al di sotto del castello, potete ammirate anche la chiesa ottagonale di Santa Maria della Pietà costruita nel 1451, un delizioso tempietto eretto tra il XVI e il XVII, sul sentiero che porta a Santo Stefano di Sessanio in una posizione di straordinaria bellezza paesaggistica.
A Calascio non perdete la visita alla chiesa di Sant’Antonio Abate del 1645, che conserva “Le tentazioni di Sant’Antonio nel Deserto”, di Teofilo Patini. Le altre – San Nicola di Bari e Santa Maria delle Grazie – sono inagibili a causa del terremoto.
Vi attendono al varco zuppa di lenticchie con pane fritto, volarelle (pasta a quadratini), agnello locale, formaggio pecorino e salumi: gli stessi piatti che, con le dovute differenze d’epoca, mangiavano i feudatari e i nobili.