In Italia, terra di storia ultramillenaria, ogni paese, persino il più piccolo, ha un tesoro da custodire e da mostrare. Anche Cugnoli in provincia di Pescara, ne ha uno. Venite a scoprirlo con noi.
A prima vista, il borgo sembra possedere “solo” un magnifico paesaggio sulla catena della Maiella e del Morrone, con lo spicchio più alto del Gran Sasso che fa capolino sulla scena e, nelle giornate più limpide, anche la tavola azzurra dell’Adriatico recita la sua parte.
Ma provate a entrare nella chiesa di Santo Stefano, in centro, e un’altra visione vi appare, inaspettata e sorprendente: è l’ambone di Nicodemo, capolavoro indiscusso della scultura romanica.
L’artista, vissuto intorno alla metà del XII secolo, operò in Abruzzo con la sua specialità, gli arredi liturgici in stucco, che nelle sue mani diventavano veri e propri “libri” da leggere, con le sue storie e con i suoi personaggi.
Osservate il pulpito sorretto sul lato frontale da due colonne ottagonali: tre archi a tutto sesto si aprono uno per lato, decorati da spire di uomini tormentati da animali e avvinti ai tralci, rappresentazioni simboliche della liberazione dal peccato.
Sulla cassa la decorazione ruota intorno al tema del Vangelo come strumento per la salvezza dell’anima; i simboli degli Evangelisti (l’angelo, il leone, l’aquila e il toro) sono intervallati da scene raffiguranti lotte tra uomini e belve feroci; sulle colonnine angolari piccoli uomini si arrampicano verso minuscoli capitelli fogliati, a simboleggiare la loro aspirazione alla salvezza.
Gli spazi liberi sono occupati da una decorazione a intreccio geometrico, che si dispone sulle cornici e sui pannelli, per concludersi con una teoria di archetti traforati a ferro di cavallo, di forte gusto islamico.
Sarete di certo impressionati da questo “pezzo” unico realizzato nel 1166, che sintetizza le esperienze longobarde, arabe, celtiche e mediterranee, sicuramente mediate dalla cultura normanna del XII secolo: un meraviglioso “melting pot”, tipico delle altre opere riconducibili alla bottega di Nicodemo, già noto per le sue opere di Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo nel 1150, e di Santa Maria del Lago a Moscufo nel 1159. Vi invitiamo a vederle.
Del Castello, che racconta l’epoca medievale del borgo edificato nel 1111, resta solo la parte anteriore dove, sull’architrave dell’ingresso, gli abitanti usavano lasciare una piccola croce di cera come buon auspicio per la conservazione della fortificazione e dunque della stessa loro vita. Immaginate che ve ne sia ancora qualcuna, nascosta nel terreno e raggrinzita dall’umidità, vi porterà fortuna.
A pranzo vi aspettano i piatti tipici locali, come i ravioli al ragù di carne, le tagliatelle con salsiccia, porcini e tartufo, baccalà in umido, salsicce alla brace, arrosticini di fegato.