Peltuinum è il nome della città romana che sorgeva lungo la via Claudia Nova corrispondente all’attuale località di Civita Ansidonia, tra Prata d’Ansidonia e Castel Nuovo.
L’urbanizzazione sembra risalire all’Età Augustea come testimoniano i monumenti superstiti. Peltuinum non divenne mai municipio ma rimase sempre praefectura, governata da praefecti e da aediles. Il culto principale pare sia stato quello di Venere Felice, amministrato da sacerdotesse e da magistrae.
La città occupava una superficie piuttosto ampia, ed era attraversata da est a ovest dalla via Claudia Nova, che qui corrisponde al tratturo.
Parzialmente si conserva anche la porta occidentale. Essa era parte integrante di un sistema difensivo costituito da tre torrioni, due dei quali a difesa della porta. Degli edifici pubblici si conserva solo il Teatro, che, contrariamente al solito, è collocato fuori le mura ed addossato a queste, sul lato sud. La fase di impianto è sicuramente di Età augustea. E’ nota anche la posizione dell’Anfiteatro, testimoniata dall’affossamento del terreno sul lato nord della città: curiosamente esso era all’interno delle mura.
E’ stato possibile individuare anche la collocazione di un Tempio di ordine corinzio orientato in direzione nord, con la pavimentazione a formelle quadrate marmoree ed il basamento per la statua di culto. Sono stati riconosciuti due livelli pavimentali di cui restano tracce di mosaico. Sono stati messi in luce due impianti di case del tipo domus, utilizzate in maniera continuativa per lungo tempo. Lungo la viabilità principale ed in zone interne strutturate a cortile erano presenti delle botteghe. Dei grandi sepolcri, che dovevano affiancare la via Claudia Nova esternamente alla città, è ancora conservato un grande nucleo di monumento funerario fuori della porta occidentale. La città romana sopravvisse fino al V sec. Ma possiamo affermare con certezza che ancora nel 1600 compariva in parte abitata e, dalle ultime ricerche, che il sito antico fu utilizzato almeno fino al XVII secolo.
L.T. 29-03-2021
Foto di G. Lattanzi