Il monastero di San Martino in Valle è stato riportato alla luce rimuovendo i detriti che lo nascondevano, lasciando apparire uno spettacolo di storia, arte e fede. Sono visibili i resti del cancello con il quale i monaci avevano facoltà di chiudere l’accesso alla valle. L’ambiente è aspro e roccioso e la strettoia che caratterizza le gole di San Martino è molto suggestiva ed emozionante. All’uscita le pareti improvvisamente si schiudono sull’ampia valle, che è comunque chiusa da imponenti pareti rocciose su entrambi i versanti. I resti dell’abbazia mostrano un cancello verso un cortile interno delimitato da un portico a tre arcate, sul lato nord del quale si trova un campanile a vela. L’interno della chiesa doveva essere su tre navate con una pavimentazione a lastre di pietra. Un muro a tre arcate separa la navata centrale da quella settentrionale, da dove di accede a quello che doveva essere il nucleo iniziale della chiesa, scavato nella roccia, che fa ipotizzare la nascita del luogo di culto come eremo. Oltre all’impianto generale risalente all’XI secolo, sono evidenti alcuni rifacimenti riconducibili al XIII secolo. Sicuramente nei primi anni di attività questo piccolo rifugio della comunità benedettina ebbe caratteristiche architettoniche di grande semplicità, così come accadde per gli altri eremi che a quel tempo si diffusero sulla Maiella. Oltre che dalle fonti scritte l’esistenza di un edificio di culto altomedievale è attestata da un reperto scultoreo di epoca carolingia. Nel 1818 si verificò una prima rovinosa alluvione che lo seppellì interamente. Nel 1891 e nel 1929 ci furono delle prime attività di scavo per riportarla alla luce, più che altro animate dal fervore popolare, nel tentativo ritrovare le spoglie del Monaco Giovanni Stabile, un santo eremita i cui resti furono trovati dietro gli altari, nel 2009. San Martino eremita naque ad Atessa nel Quattrocento e visse in una grotta nei pressi di Fara San Martino, a circa due ore dal monastero. All’approssimarsi della sua morte il Santo, tornato in paese, chiese al popolo di commemorarlo portando ogni anno dei ceri nel luogo del suo eremitaggio. A seguito della sua richiesta la prima domenica del mese di Maggio, il Monastero è meta di una processione, “la ndorce”, che i devoti di Atessa compiono ogni anno. Intorno al paese sono numerose le grotte che un tempo furono rifugio di pastori, briganti e monaci, e tra queste l’eremo. La scelta di questo sito fu condizionata dalla vicinanza ad una sorgente d’acqua, motivo per cui esso fu frequentato sin dai tempi dell’età del Bronzo, come testimoniano i rinvenimenti di alcune lame di selce. La leggenda racconta che fu San Martino a creare quel piccolo varco tra le gole aiutandosi coi gomiti per poter accedere al luogo su cui avrebbe costruito il Monastero.