Se vi trovate in visita a Teramo, fate una puntata anche al parco fluviale, il salotto verde della città, dove il Tordino, a lungo dimenticato, è ritornato a essere al centro del territorio.
Piccolo e identitario, il fiume caratterizza infatti, in special modo, il capoluogo di provincia, definendone sia l’assetto topografico e l’espansione urbana sia il suo nome, che secondo molti studiosi significa “tra fiumi” (inter amnes).
L’altro rio è il suo minuscolo affluente, il Vezzola, ed entrambi cingono il centro storico, con un rinnovato interesse da parte dei cittadini, che ne percorrono gli argini attrezzati per potervi praticare giochi, sport, passeggiate in bici o a piedi, grazie a un percorso ciclopedonale lungo circa 10 chilometri: un piccolo mondo antico, che si schiude passo dopo passo, pedalata dopo pedalata, tra querceti e ornielli, aceri, carpini neri e robinie, intrecciati a pioppi e salici, sanguinelle e biancospini.
Vi sembra esile e immoto il suo corso, eppure il Tordino ha una sua energia montana, che manifesta alla sua nascita, a un’altitudine di 2mila metri, dove si forma sulle vette dei Monti della Laga, tra il Gorzano – la cima più alta – e il Pelone.
Con le sue acque torrentizie comincia la sua corsa di circa 59 chilometri verso oriente e, in prossimità delle sorgenti, esprime la sua dolce irruenza con la cascata della Fiumata e, poco dopo, con le cascate omonime; in corrispondenza della frazione di Macchiatornella, compie un grande arco risalendo a nord e aggirando la catena montuosa del Bilanciere, continua verso l’Adriatico con un percorso breve e perpendicolare alla catena montuosa d’origine.
Dopo Teramo, in cui riceve a sinistra il Vezzola, prosegue il suo incessante cammino in una valle ampia e quasi pianeggiante fino alla foce, a sud di Giulianova.