Beni Culturali e Ambientali

Fresagrandinaria

By 30 Novembre 2023No Comments

Un’altezza gradevole, circa 390 metri, e una posizione “strategica”, hanno consentito al territorio di Fresagrandinaria, in provincia di Chieti, di essere abitato e sperimentato da più di migliaia di anni. 
Grazie ad alcuni ritrovamenti – tra cui un frammento di coccio con un’iscrizione osca (la lingua parlata dalle popolazioni italiche) studiata persino da Theodor Mommsen, il più grande classicista del XIX secolo – è certo che la zona fu abitata dai Frentani e quindi dai Romani. In seguito, giunsero i Longobardi, che si stanziarono nelle contrade Fara e Guardiola lungo le rive dei corsi d’acqua.

Pensate a quante genti un tempo affollavano il territorio e voi, oggi, non vedete nessuno, solo natura e minuscole case, che compongono il piccolo borgo dal nome lungo e altisonante: lo si trova per la prima volta in un documento del 1115 e deriva dai suoi “proprietari”, i ricchi Baroni Grandinati, che secondo la tradizione, avevano una figlia, Frisia
Risale invece a più di un secolo prima, il rudere che individuate nella campagna circostante, tutto ciò che rimane dell’edificio religioso dedicato a Sant’Angelo, il monastero dei Benedettini, primi “colonizzatori” del territorio nell’Anno Mille.

Trovate di certo gradevole il borgo medievale, fatto di edifici costruiti dall’abile e secolare maestria dei lavoratori della pietra calcarea e dell’arenaria, con gli eleganti palazzi De Lellis, Rocchio, De Martinis, Cosmo Terpolilli.
Visitate anche la chiesetta della Madonna delle Grazie, ai piedi del paese, che conserva una bella statua dorata del Quattrocento, raffigurante una Madonna con Bambino, e sicuramente il Museo contadino e delle migrazioni della Valle del Trigno: allestito negli antichi locali di una taverna medievale, espone materiale proveniente in gran parte da donazioni dei cittadini, come antichi giocattoli costruiti a mano e vecchie immagini del paese rurale, legati agli abiti, ordinari e festivi, alla gastronomia, alle dimore rurali, ai lavori di casa e a quelli all’aperto, all’artigianato.

Emozionante, la sezione dedicata al fenomeno migratorio, che ha caratterizzato la vita del paese, a partire dal 1882 verso le Americhe prima, poi verso l’Australia, l’Africa, il Belgio, la Francia, la Germania e le grandi città italiane, fino agli anni Settanta del Novecento: decine e decine, tra documenti, registri comunali dei passaporti rilasciati, testimonianze dirette dei discendenti, che vi raccontano la storia di quando i migranti eravamo noi.
Non rimane che conoscere i piatti tipici, che non sono spariti, ma, anzi, irrobustiti di esperienza e sapienza contadina, come la “classica” porchetta al forno (che parla la lingua dell’Italia centro-meridionale), la “treccitella” (involtini di tenere budelline di capretto o agnello, arrotolate attorno a steli di origano), la “viscìca”, che altrove chiamano ventricina, e poi taralli e “cellipieni”, tipici dolci locale.