L’antica Histonium, una delle principali città frentane, sorgeva sullo stesso sito dell’odierna Vasto.
Il suo territorio iniziava a sud del porto di Ostia Aterni (Pescara) e si estendeva fino al Fortore. La leggenda ne attribuisce la fondazione a Diomede, dopo la distruzione di Troia. Al pari di molte altre città italiche romanizzate, dopo la guerra sociale, fu municipio romano iscritto alla tribù Arnensis.
Tra i culti sono testimoniati quelli di Ercole, di Cerere, del Sole, di Giove Dolicheno. La città antica è corrispondente alla città vecchia, che ne ha conservato la pianta almeno in parte. Restano le vestigia del teatro e dell’anfiteatro, delle terme, di vari acquedotti, di serbatoi idrici, di mura civiche reticolate, di pregiati pavimenti, di statue, di colonnati di granito orientale, di templi, ecc.
Il teatro sorgeva fuori del perimetro urbano. In contrada “Incoronata” è venuta alla luce una necropoli molto interessante. La zona settentrionale della città attuale, vale a dire il centro storico, ricalca l’antico impianto urbanistico romano. In quest’area ubicata sulla collina prospiciente il mare si innalzavano i templi e il Campidoglio. Nella città moderna si trovano i resti della remota città romana in gran parte riutilizzati sia nelle chiese (Madonna delle Grazie, San Pietro, piazza del Popolo), sia nelle strade e nelle piazze cittadine (Ospedale, Tagliamento, Sant’Antonio, piazza Dante Gabriele Rossetti).
Il materiale archeologico, proveniente dalla città e dai dintorni, e in particolare la ricca collezione epigrafica, sono esposti nel Museo Civico. Di rilievo sono due lastrine bronzee con iscrizioni osche, che testimoniano l’esistenza dell’abitato in età preromana. Il monumento più importante è però il grandioso sarcofago dove erano sepolti P. Pacuvio Sceva e la moglie Flavia. All’interno del sarcofago, sui lati rispettivi, sono incise le iscrizioni che si riferiscono ai due defunti. In quella di Sceva è riportata la brillante carriera del personaggio. Il sarcofago appartiene ad un raro tipo di età augustea, utilizzato da personaggi che preferivano l’inumazione in un periodo di quasi universale diffusione della cremazione.
Nel 1888 fu rinvenuta, presso la chiesa di Santa Maria della Penna in località Punta Penna, una lastra di rivestimento in terracotta appartenente ad un edificio templare, oggi conservata presso il Museo Civico Archeologico di Vasto. Il motivo principale consiste in due teste contornate da elementi vegetali: in quella di sinistra appare riconoscibile Ercole con la clava sulla destra, l’altra con volto largo e piatto e capelli a fiamma, sembra attribuibile ad una figura femminile inquadrate da una cornice di motivi vegetali, con grossi fiori a forma di campanula. Analoghe serie sono attestate in Abruzzo a Schiavi.
Nella seconda metà del XVI secolo sul pianoro intorno a Santa Maria della Penna erano visibili fra gli altri i resti di due templi e di un teatro, il che potrebbe ricollegare il contesto al noto complesso di Pietrabbondante, e ancora oggi sono visibili i resti di un abitato e forse dello stesso luogo di culto, databili fra IV-III e I secolo a.C.
Dalle terme proviene il mosaico raffigurante Nettuno: il mosaico è dimensioni eccezionali (13.50 x 12.60 m, totale di 170.1 mq), uno dei più estesi mosaici mai rinvenuti lungo l’intera costa dell’Italia adriatica con una decorazione molto articolata, basata su un raffinato intreccio di elementi vegetali stilizzati all’interno del quale campeggia la possente figura del Nettuno con il tridente e quattro Nereidi, due in sella a cavalli, una ad un drago, e una ad un cavallo marino. La grande maestria nella realizzazione dei particolari anatomici delle figure con “macchie”, di tessere bianche su sfondo scuro sembra confermare la presenza nella Histonium della prima metà del II secolo d.C. di raffinate maestranze, in possesso di grande abilità e capacità tecnica.
L.T. 21-12-2020
Foto di G. Lattanzi, Il mosaico di Nettuno, 2-3-4 particolari del pavimento