È in odore di Adriatico, Notaresco, da cui dista pochi chilometri. La pace e il benessere che vi si respirano sono alla base del vostro soggiorno dove, sospesi fra le colline del Teramano, potete vivere giorni “azzurrini” all’insegna della natura, del clima mite e della possibilità di gustare le eccellenze enogastronomiche del suo territorio, antichissimo.
Pensate che appartenne a Lotario, nipote del re dei Franchi Carlo Magno, e probabilmente il suo toponimo, secondo gli storici, è la trasformazione di Lotaresco, appunto “terra di Lotario”.
In epoca medievale il borgo assunse importanza per la presenza di una struttura difensiva (il Civitillo o Rocca del Civitillo) di cui restano poche tracce, ma l’impronta di quel periodo vive ancora negli edifici caratterizzati da mura spesse e finestre alte e strette.
Visitate ora alcune delle chiese che rappresentano il patrimonio di fede e di arte della comunità: l’Abbazia di San Clemente al Vomano, di recente restaurata, che secondo la tradizione fu fondata nel secolo IX per volere di Ermengarda, figlia dell’imperatore Ludovico II, con un ciborio tra i più antichi e monumentali in Abruzzo, realizzato tra il 1136 e il 1147; la chiesa del Carmine, risalente al XVI secolo con il controsoffitto dipinto del sec. XVII; quella dei Ss. Pietro e Andrea, con un pregiato organo a canne realizzato nel 1796 dall’organaro di Vasto Onofrio Cacciapuoti e restaurato nel 1874; il monumento religioso dedicato a San Rocco, con un mosaico composto da 47 mattonelle in maiolica, raffigurante il Santo.
Ammirate anche la sede del Municipio, il Palazzo degli Acquaviva duchi di Atri, che detennero il feudo dal 1308 in comproprietà con Trasmondo III di Castelvecchio.
Se l’archeologia è una vostra passione, andate a vedere nella Piana dei Cesari, pochi chilometri dal centro, i ruderi di un esteso centro di produzione di vino, olio e “garum” risalente al periodo italico – romano, quindi non perdete la vista al Museo archeologico “G. Romualdi”, che custodisce i reperti archeologici rinvenuti nel sito archeologico di Grasciano, scoperto nel 1992 e risalenti al periodo neolitico (IX millennio a.C.) fino al periodo italico e poi romano; infine la “neviera”, nel centro storico.
Se invece è la tavola, al centro dei vostri interessi, “visitate” i piatti della tradizione teramana, prime fra tutti le “Scrippelle ‘mbusse”, crespelle realizzate solo con acqua, farina e uova, cosparse di formaggio grattugiato, arrotolate e immerse in un brodo di carne caldo, possibilmente di gallina.
Spazio anche al “Timballo teramano”, manicaretto a base di crespelle di uova e farina, sovrapposte, condite con ragù di polpettine di carne mista (pallottine), prima soffritte con gli odori e poi bollite nel sugo.
Il tutto, bagnato dai pregevoli signori del territorio, il Montepulciano d’Abruzzo e il Trebbiano d’Abruzzo.