Vi trovate lungo la Val di Sangro, a pochi chilometri dalla Costa dei Trabocchi, in provincia di Chieti, dove il panorama gravita tra il celeste dell’Adriatico e il marrone della Maiella, con borghetti e abitati dalle colline ammantate di vigne e di ulivi a fare da testimoni di tanta bellezza.

Paglieta è tra questi. Grazioso il suo nome, che conferma l’innata simpatia dei numerosi toponimi derivanti da elementi naturale. Paglieta, infatti, è accostata al termine latino “palea”, che vuol dire fogliame di piante usate come foraggio, ma anche a “pagliara”, tipica casa con pareti di argilla, come probabilmente quelle costruite dalle popolazioni fuggite in questa landa d’Abruzzo in seguito alle scorrerie dei Saraceni.

Ma la sua storia è molto più antica e risale ai tempi della popolazione italica dei Frentani, che qui avevano innalzato un loro presidio. Fu in seguito una fiorente colonia romana, di cui vi sono ancora tracce di un ponte, e solo nel XII secolo fu citata ufficialmente per la prima volta come Palletum e anche Castrum Palletae

Già territorio dell’abbazia di San Giovanni in Venere, il Castello di Paglieta diventò feudo nel XIII secolo.

Se camminate lentamente fra case, viuzze, slarghi e scalette, potete ascoltare l’eco di quella parte di Medioevo raccontato da ciò che rimane delle poderose mura costruite nel 1200, con i torrioni, l’arco ogivale della porta d’ingresso e la torre campanaria, costruiti in seguito. 
Un miracolo che siano sfuggiti ai bombardamenti della Seconda Guerra mondiale, che misero il territorio sotto scacco durante la battaglia del Sangro.

Nell’intrico di storia e di umanità incontrate la chiesa di Santa Maria Assunta in cielo fondata originariamente nel XVI secolo, ma quella che vedete fu realizzata tra il 1807 e il 1841 sul sito dell’antica cappella.
Meritano una visita anche la chiesa di San Canziano, del XII sec. Secolo, ma rinnovata nel XIX, e la chiesa di S. Rocco, edificata nel XVI sec., ma ristrutturata alla fine del XIX sec. 

Spostatevi al Museo delle tradizioni popolari e della civiltà contadina, (da visitare su appuntamento) che comprende una raccolta di manufatti tipici della valle del Sangro, fra oggetti di vita quotidiana, strumenti di lavoro, costumi e documentazione sul canto popolare.

Il brindisi è d’obbligo a un borgo che fa parte dell’associazione Città del vino. Non c’è che l’imbarazzo della scelta tra le decine di etichette che le cantine del territorio propongono. L’importante è che scegliate Montepulciano, Cerasuolo e Trebbiano, i signori delle colline abruzzesi, che ben si legano – specie il rosso Montepulciano – ai maccheroni alla chitarra, spaghetti a sezione squadrata, unici del loro genere, conditi con ragù misto di carne di manzo, maiale o agnello.