Il Venerdì Santo è il giorno del dolore e del lutto universale, ma è anche giorno di digiuno ed astinenza dalla carne.
Tra le 15 e le 17 del pomeriggio, nelle chiese vastesi si svolge il rito della Passione, sostanzialmente divisa in tre parti: liturgia della parola, con la lettura della Passione secondo S. Giovanni; l’Adorazione della Croce; la Comunione Eucaristica.
L’attuale processione del Venerdì Santo di Vasto, a cura della Parrocchia di San Pietro in Sant’Antonio e della Confraternita del ‘Monte dei Morti’.
In seguito alla soppressione delle collegiate di S. Pietro e di S. Maria Maggiore – e alla loro conseguente unificazione in un solo capitolo (13 gennaio 1808) – la chiesa di S. Pietro (trasformata in coaudiutrice) diventa titolare della processione cittadina del «Cristo morto». Titolarità che, formalmente sancita con atto di notar Francescantonio Marchesani del 21 aprile 1821.
Fino agli anni Venti del Novecento, l’azione drammatica si sviluppa di Giovedì santo – dopo la celebrazione della Messa in Coena Domini – , non di Venerdì. Il corteo penitenziale presenta al suo interno i misteri (o sepolcri) della Passione. Quali testimonianze superstiti delle sacre rappresentazioni medievali, essi connotano, nella celebrazione devozionale, l’importante presenza della drammatizzazione profana (non dimentichiamolo: la processione si svolge nel periodo extraliturgico della Chiesa).
La processione del «Cristo morto» scandisce, tra l’altro, il pathos penitenziale del memento mori. Memento mori che, posto a fondamento della confraternita, imponeva storicamente alla stessa il dovere sociale del seppellire i morti abbandonati e dell’assistenza ai carcerati (dovere, non pratica devozionale). Quest’ultima era di pertinenza della Confraternita della Carità e della Morte, dapprima attiva nella
Il percorso della processione vastese ricalca il modello cardodecumanico dell’antichissima processione delle Rogazioni. Nel seguire gli allineamenti ortogonali nord-sud (corso Plebiscito, via Marchesani, via S. Maria) e ovest-est (corso de Parma), il corteo disegna sulla terra la sacralità dell’itinerarium crucis. Il percorso giunge alla Piazza della Cattedrale di San Giuseppe.
Il «Cristo morto» – opera in cartapesta dell’artigiano vastese Manella (prima metà del sec. XVIII) – appartiene alla congrega del Sacro Monte dei Morti. Esposto – prima della demolizione della chiesa di S. Pietro (1959) – nell’omonima cappella amministrata dalla Confraternita, è da oltre due secoli patrimonio artistico e religioso della città.
Rispetto alle analoghe rappresentazioni di Chieti e Lanciano che disponevano di un Miserere composto per le specifiche processioni (Salvatore Selecchy per Chieti e Francesco Masciangelo per Lanciano), il parroco di S. Pietro don Romeo Rucci (1880- 1960) decideva l’adozione del Miserere di Lorenzo Perosi, a tutt’oggi eseguito.
Solo li fréta di lu Muànde (i confratelli del Monte) tacciono. Il loro silenzio è la voce straziante della notte prima che lu ciuruòggene (il cero pasquale) illumini le tenebre, il giorno dopo.
(LT)
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