A pochi km dal confine con le Marche, Sant’Egidio alla Vibrata si schiude grazioso al vostro sguardo, adagiato all’estremo limite nord della valle del Vibrata, a 239 metri d’altezza.
Siete in provincia di Teramo e prima di passare oltre fermatevi a visitare questo lembo di territorio, in odore di Piceno, abitato sin dal Paleolitico superiore e in seguito vico romano con il nome di Ilium.
Qui, a seguito delle incursioni barbariche, i benedettini fondarono un’abbazia e l’attuale abitato, riportando ordine e tranquillità in un contesto geografico segnato da grandi tumulti.
Visitate la chiesa di Sant’Egidio Abate, risalente al XII secolo (I metà del 1100) in stile romanico, a tre navate con abside rotonda, nata come priorato monastico dell’abbazia benedettina di Monte Santo e molto probabilmente costruita su una primitiva chiesa dell’VIII secolo.
Il monumento religioso, più volte rimodellato nel corso del tempo, presenta finestre monofore con archivolto in pietra in un solo blocco, che costituiscono precisi connotati dell’architettura abruzzese, capriate del XV secolo e facciata rifatta nel 1524 con l’innalzamento del campanile promosso nel 1555 dal Vescovo di Ascoli.
Spostatevi ora a Faraone antico (o vecchio), piccola frazione di origini longobarde, possedimento di varie nobili famiglie, la più importante e ricca quella dei baroni Ranalli. Entrate nel borgo, oggi disabitato, dall’antica porta d’accesso risalente a quei tempi e ammirate i resti delle mura difensive, ancora ben conservati.
Chi abitava la frazione, ha dato vita a un nuovo nucleo, Faraone Nuovo, costruito nei pressi della chiesa paleocristiana di San Vito.
Vi sedete a tavola con l’acquolina in bocca perché avete letto che tutta la provincia di Teramo è un vero e proprio impero dei sensi.
Vi consigliamo di assaggiare le “Scrippelle ‘mbusse”, crespelle realizzate solo con acqua, farina e uova, cosparse di formaggio grattugiato, arrotolate e immerse in un brodo di carne caldo, possibilmente di gallina.
Un assaggio speciale meritano anche le “mazzarelle”, involtini di coratella di agnello avvolti da foglie di lattuga, serviti sia in bianco sia con un leggero sugo di pomodoro. Non potete alzarvi da tavola senza aver provato la tradizionale “pizza dogge”, che nasce come dolce nuziale. Pensate che, a seconda del numero degli invitati, il pan di Spagna con cui è realizzata, veniva diviso in ben cinque strati.
Al suo interno, per la vostra gioia, trovate crema al cioccolato, crema pasticcera, pasta alle mandorle e, come copertura, una glassa bianca preparata con albumi, burro e zucchero a velo.
Ma gli strati sono al massimo tre.